Con il termine “maestà” si intende un manufatto marmoreo in marmo bianco apuano – per lo più a rilievo (88%) ma, in minor numero, anche in forma di statuetta (11,8%) e marginalmente in forma di dipinto su muro (0,2%) – che siamo abituati ad incontrare nel nostro territorio ai margini delle vie, in edicole o piccole cappelle, sui muri delle case, sopra i portali di antichi borghi. Comunque in luogo pubblico e sempre su direttrici di transito importanti o principali per strade, sentieri e mulattiere ove possano essere visibili e riconoscibili. E’ in questi specifici ambiti che esse vanno ricercate: quando si ritrovano in altro contesto – come ad esempio in un interno o in un‘area non esposta – possiamo quasi sempre essere certi che si tratti di una collocazione successiva all’originale.
Furono commissionate o acquistate come atto privato, attestante la particolare devozione della famiglia o della persona che ne aveva disposto la collocazione – assieme alla sua dichiarata e riconoscibile disponibilità economica. Le maestà recano frequentemente il nome dell’acquirente: lo si ritrova infatti inciso alla base della maestà o in una lapide sottostante assieme alla dedica alla santa immagine rappresentata e spesso anche alla data. Molto spesso è anche presente l’acronimo P.S.D. (per sua devozione) ad indicarne la precisa volontà del committente.
La stessa scelta dell’immagine sacra da proporre al culto risponde spesso a criteri di opportunità e di riconoscimento: il committente sceglie frequentemente per sé o per la sua famiglia un Santo eponimo – cioè con il suo stesso nome – o almeno evocante nella tipologia iconografica caratteristiche proprie del cognome o del mestiere di appartenenza.
La diffusione delle maestà ha inizio nella seconda metà del XVI secolo: nello spirito di forte irrigidimento dottrinale seguito al Concilio di Trento (1545/1563) la Chiesa intendeva sostenere la ortodossia cattolica a seguito dello scisma luterano e favoriva quindi la collocazione di segni che affermassero la devozione della popolazione.
Con l’uso prevalente del marmo bianco apuano, scolpite da lapicidi del territorio dei quali non è quasi mai noto il nome, e trasportate a dorso di mulo ovunque da venditori ambulanti – dalla costa fino ai valichi dell’Appenino – le maestà restano riconoscibili come tali fino ai primi decenni del novecento. Per il nostro progetto consideriamo “maestà” quelle realizzate nella prima metà del XX secolo e, per quelle con data certa, entro il 1950.
Le immagini erano in molti casi realizzate “in serie” e seguivano a loro modo le preferenze ed i gusti del tempo: al momento della vendita si provvedeva a personalizzare l’immagine con i dati dell’acquirente nello spazio solitamente lasciato libero alla base.
Nell’alta Versilia sono chiamate “marginette”; in Garfagnana “m(a)esta(t)ine”.